L’accettazione dell’eredità

L’accettazione dell’eredità

Lo Studio Legale CONTI si occupa, tra le altre cose, di fornire ai propri Assistiti adeguata consulenza ed assistenza legale tanto stragiudiziale quanto giudiziale in tutte le fasi della successione ereditaria, a partire dall’apertura della successione, all’individuazione dei beni mobili ed immobili caduti in successione, agli adempimenti burocratici dipendenti dall’accettazione ovvero dalla rinuncia all’eredità, fino all’assistenza giudiziale in tutte le controversie dipendenti dalla successione ereditaria.

1. Generalità sulla successione mortis causa.

La successione mortis causa, ossia a causa di morte, è l’istituto giuridico in base al quale uno o più soggetti subentrano nei rapporti patrimoniali attivi e passivi (o in parte di essi) del defunto.

Il defunto, ossia il soggetto che trasferisce propri diritti, prende il nome di “dante causa”, mentre il soggetto che li acquista prende il nome di “successore o avente causa”.

Il momento dell’apertura della successione coincide con la morte del cuius (art.456 c.c.) e, visto che l’accettazione dell’eredità retroagisce al momento della morte anche se fatta a distanza di anni, è importante stabilire con esattezza tempo e luogo della morte.

Il luogo di apertura della successione coincide con l’ultimo domicilio del defunto, per cui il tribunale competente a conoscerne le cause ereditarie sarà quello nel cui circondario si trova l’ultimo domicilio del defunto.

Lo stesso tribunale è quello competente a ricevere la dichiarazione di accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario (art.484 c.c.) e l’eventuale dichiarazione di rinuncia all’eredità (art.519 c.c.).

E’ importante sapere che l’eredità non si acquista mai automaticamente, ma necessita sempre dell’accettazione dei chiamati all’eredità. Solo l’accettazione, che può essere data con una dichiarazione espressa oppure con un comportamento concludente, fa scattare nel “successore o avente causa” la qualità di erede. Per questo motivo, fin tanto che non è stata accettata o rifiutata, i soggetti successibili non sono ancora “eredi”, ma bensì “chiamati all’eredità”.

Come detto sopra, l’accettazione dell’eredità retroagisce al momento dell’apertura della successione ed una volta fatta non è più possibile rinunciarvi: trattasi quindi di un atto irrevocabile ed immodificabile del chiamato all’eredità. Essa non può essere sottoposta a condizioni o termini, non può essere ceduta ad altri, ma è trasmissibile ai propri eredi diretti sempre a causa di morte.

Dal momento che non sempre i chiamati all’eredità sono a conoscenza della reale consistenza dei debiti che aveva contratto il defunto in vita, per evitare di essere tenuti a pagarli oltre l’attivo ricevuto, è opportuno procedere con le dovute riserve attraverso la procedura di accettazione con beneficio d’inventario regolata dagli artt. 484 e 485 c.c. (si veda di seguito il § 3).

2. In quanti anni si prescrive il diritto di accettare l’eredità.

Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni dal giorno dell’apertura della successione, che – come detto sopra – coincide con la morte del de cuius (art.480 c.c.). Si applica quindi la prescrizione ordinaria.

Se esiste un testamento, il testatore può anche fissare un termine inferiore ma mai superiore al termine decennale entro il quale i chiamati all’eredità potranno esercitare il proprio diritto di succedere.

Se anziché “pura e semplice” l’accettazione viene fatta con “beneficio d’inventario”, in questo caso il termine si riduce a soli tre mesi dall’apertura della successione, ma a condizione che i chiamati all’eredità siano in possesso dei beni ereditari.

L’ordinamento prevede, inoltre, la possibilità per chiunque vi abbia interesse (ad esempio i creditori dell’eredità o del primo chiamato, l’esecutore testamentario, i legatari ed il curatore dell’eredità giacente) di chiedere con ricorso all’Autorità Giudiziaria la fissazione di un termine inferiore a quello ordinario decennale entro il quale i chiamati dovranno dichiarare se accettano o meno l’eredità (art.481 c.c.): è cosiddetta “actio interrogatoria”. Una volta spirato inutilmente il termine fissato dal tribunale, il chiamato all’eredità perde il diritto di succedere al defunto.

3. Le modalità di accettazione dell’eredità.

Come detto sopra, la trasmissione del patrimonio (o di parte di esso) dal de cuius agli eredi non avviene automaticamente, ma solo a seguito di un atto (dichiarazione espressa oppure tacita) che è immodificabile ed irrevocabile.

L’ordinamento prevede diverse tipologie di accettazione:

3/a) Accettazione espressa (art.475 c.c.): è fatta tramite atto pubblico con dichiarazione ricevuta da un notaio (art.2699 c.c.) oppure con una scrittura privata sottoscritta dal dichiarante (art.2702 c.c.). Il contenuto della dichiarazione richiede che il chiamato all’eredità dichiari di accettare l’eredità ovvero di assumere la qualità di erede. La peculiarità dell’accettazione espressa è che può essere fatta solo per iscritto e non può essere sottoposta dal chiamato a condizioni o termini. E’ nulla l’accettazione solo parziale dell’eredità.

3/b) Accettazione tacita (art.476 c.c.): è fatta dal chiamato all’eredità con un comportamento concludente, ossia azioni che esprimono implicitamente la sua volontà di accettare l’eredità. Nella prassi costituiscono accettazione tacita dell’eredità l’avvio di una causa giudiziale finalizzata ad ottenere la divisione materiale dei beni caduti in successione, il pagamento di debiti ereditari fatto con denaro dell’eredità, la riscossione del canone di locazione di un immobile caduto in successione, il compimento di atti di disposizione su beni ereditari, mentre non assume alcun rilievo la presentazione a fini fiscali della denuncia di successione.

3/c) Accettazione presunta (art.485 c.c.): è l’accettazione prevista per legge nel caso in cui il chiamato all’eredità, che si trova già nel possesso dei beni ereditari, non rediga l’inventario nel termine di tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o dalla notizia della devoluta eredità. E’ altresì erede puro e semplice il chiamato che dopo aver fatto l’inventario non dichiara di accettare l’eredità con beneficio di inventario nel termine di quaranta giorni (art. 485 c.c.).

3/d) Accettazione pura e semplice (art.470 c.c.): è l’accettazione dell’eredità senza riserve; è quella in base alla quale il patrimonio del defunto si fonde con il patrimonio dell’erede diventando un tutt’uno, con la conseguenza che in presenza di debiti ereditari superiori all’attivo ricevuto, l’erede sarà tenuto ad onorarli anche col proprio patrimonio personale.

3/e) Accettazione con beneficio d’inventario (art.484 c.c.): è la modalità con cui si accetta l’eredità “con riserva” e consente all’erede di tenere distinti il patrimonio del defunto dal proprio. In questo modo l’erede non sarà tenuto a pagare i debiti ereditari oltre l’attivo ricevuto.

L’accettazione con beneficio d’inventario può essere solo espressa e va effettuata con una dichiarazione ricevuta da un notaio oppure dal Cancelliere del tribunale competente per territorio. Si ricorda che competente per territorio è la cancelleria del tribunale nel cui circondario è deceduto il defunto; se il chiamato all’eredità decide di rivolgersi ad un notaio, sarà quest’ultimo a curare la trasmissione della dichiarazione dell’erede alla cancelleria del tribunale.

La dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario va inserita nel registro delle successioni conservato presso la cancelleria del tribunale.

Per produrre gli effetti voluti, la dichiarazione deve essere preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario, ossia dell’elenco completo dei beni mobili ed immobili caduti in successione e dei diritti ereditari.

L’inventario è formato dal notaio oppure dal Cancellerie del tribunale e consente, oltre alla descrizione analitica della massa ereditaria, di tenere separato il patrimonio del defunto da quello degli eredi.

L’inventario deve essere compiuto nel termine di tre mesi dall’apertura della successione, se il chiamato all’eredità si trova già nel possesso dei beni ereditari; il chiamato all’eredità può chiedere al tribunale una proroga di detto termine se ha iniziato a redigere l’inventario ma non è riuscito a completarlo. Decorso inutilmente tale termine, in assenza d’inventario la legge presume che il chiamato abbia accettato l’eredità in modo puro e semplice (è l’accettazione presunta prevista dall’art. 485 c.c.).

L’accettazione con beneficio d’inventario è obbligatoria quando l’erede è un minore, un interdetto, un minore emancipato o un inabilitato. In tali ipotesi l’accettazione necessita inoltre di un’apposita autorizzazione del Giudice Tutelare.

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(a cura di Avv. Luca Conti)

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