La responsabilità del medico dentista per danni al paziente
1. Risarcimento del danno alla salute: profili generali.
Qualsiasi danno ingiusto, avente un contenuto patrimoniale (danno emergente e/o lucro cessante) o non patrimoniale (danno biologico, morale, estetico), merita di essere risarcito.
Un danno è “ingiusto” quando è frutto della lesione di un diritto, ad esempio la lesione del diritto alla salute, e della violazione di norme di legge, siano esse leggi civili o penali.
Come sopra accennato un danno può avere, a seconda dei casi, un contenuto patrimoniale (danno emergente e/o lucro cessante) oppure non patrimoniale (danno biologico, estetico e/o morale), e può trarre origine dall’inadempimento totale o parziale di un contratto tipico o atipico, oppure dalla violazione del più generale principio di neminem laedere, ossia dal divieto di assumere condotte illecite lesive dei diritti altrui.
Nel più ampio contesto delle pratiche di risarcimento del “danno ingiusto”, rientrano quelle derivanti da “medical malpractice”, ossia da responsabilità medica: questa trae origine da quello che viene comunemente definito “contratto atipico di spedalità o da contatto sociale”.
Ma cosa s’intende per “contratto atipico di spedalità o da contatto sociale”?
E’ un contratto atipico perché non è espressamente previsto dal codice civile e si sostanzia nel rapporto che s’instaura tra il paziente in cerca di cure alla struttura sanitaria, sia essa pubblica o privata.
Quando ricorre una fattispecie di responsabilità medica che implica il diritto al risarcimento del danno alla salute?
In linea generale si può affermare che, quando viene dimostrato il nesso causale tra la lesione del diritto alla salute del paziente e la condotta dolosa o colposa, commissiva ovvero omissiva, dell’operatore sanitario eventualmente anche in concomitanza con le inefficienze e carenze di una struttura sanitaria, in questo caso sorge il diritto al risarcimento del danno alla salute.
Quando gli effetti di una terapia non sono quelli sperati ovvero quando l’operatore sanitario ha colposamente violato i protocolli avallati dalla comunità scientifica per curare una determinata patologia, sorge in capo al paziente il diritto ad essere risarcito dei danni che ne sono la diretta conseguenza.
Nella più ampia categoria dei “danni non patrimoniali” rientrano:
1) il danno biologico, ossia il danno alla salute propriamente detto, che a propria volta può essere di carattere temporaneo oppure permanente;
2) il danno estetico;
3) il danno morale, ossia quello determinato dalle sofferenze causate dall’aggravamento di una patologia già esistente, ovvero dall’insorgenza di una nuova patologia causata dalla somministrazione di una terapia errata.
Vi sono, infine, i danni patrimoniali in cui rientrano tutte le spese, mediche e non, necessarie per porre rimedio all’errore medico, ed il lucro cessante, ossia la perdita di guadagno conseguente alla menomazione totale o parziale della capacità lavorativa.
2. La responsabilità del medico dentista: presupposti e ripartizione dell’onere probatorio.
Tra gli operatori sanitari rientra sicuramente la figura del dentista.
Il dentista esercita una professione intellettuale, per cui il contratto che lo lega al paziente può essere definita come una prestazione d’opera intellettuale da contatto sociale, con effetti protettivi a favore di terzo e con “obbligazione di risultato”; in altri termini il dentista è tenuto a raggiungere il risultato – la cura – che il paziente gli richiede.
Ma perché a proposito del dentista si parla giustappunto di una “obbligazione di risultato” e non di una “obbligazione di mezzi”?
Questo accede perché, alla luce dei progressi della medicina e della scienza, oggi giorno il dentista non può limitarsi ad eseguire la prestazione richiesta limitandosi ad osservare i protocolli ed adottando le terapie correlate alla patologia che deve curare, ma è anche tenuto a raggiungere il risultato desiderato dal paziente: per questo motivo, l’obbligazione che lo lega al paziente non è di soli mezzi, bensì di risultato.
Il mancato raggiungimento del risultato a regola d’arte, fa sorgere in capo al paziente il diritto al risarcimento del danno sofferto; e trattandosi come appena detto di un contratto d’opera intellettuale, il dentista andrà esente da responsabilità solo se la causa dell’inadempimento rispetto alla prestazione richiestagli dipenderà da un evento a lui non imputabile.
Il paziente, che lamenti un danno alla salute in dipendenza di un intervento odontoiatrico, dovrà provare al giudice l’esistenza del rapporto contrattuale col dentista e l’aggravamento della patologia oppure l’insorgenza di una nuova patologia dipendente dall’intervento eseguito, mentre spetterà al dentista di fornire la prova liberatoria di avere eseguito la prestazione a regola d’arte e che il danno dipende da fattori imprevisti o imprevedibili, ovvero da una causa a lui non imputabile.
Occorre tenere ben presente che secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente, pur in presenza di un inadempimento contrattuale derivante da medical malpractice, il paziente dovrà fornire al giudice anche la prova del NESSO EZIOLOGICO ossia del NESSO DI CAUSALITA’ tra il danno alla salute e l’intervento del dentista.
Vediamo di seguito come la giurisprudenza ha affrontato la responsabilità medica del dentista, come ne ha inquadrato la responsabilità professionale e come ha affrontato la ripartizione dell’onere della prova:
Ad esempio, “(…) deve essere accolta la domanda di risarcimento danni avanzata dal paziente di un dentista, accusato di non avere eseguito a regola d’arte taluni trattamenti odontoiatrici (…)”, Tribunale di Rimini, sent. del 05/06/2015.
Secondo la Corte di Cassazione “(…) opera in modo negligente – ed è fonte di risarcimento del danno – il medico dentista che non verifichi la reale situazione dei denti, anche sulla base delle cure pregresse sui quali effettua l’installazione di una protesi (…)”, Cass. Civ., Sez. III, sent. del 22/06/2015 n.12871.
Ed ancora: “(…) va dichiarata la responsabilità professionale del medico dentista, pur in presenza di una corretta esecuzione dell’intervento, ove poi consegua la negligenza manifestata dal dentista relativamente alla mancata somministrazione al paziente di un’adeguata terapia profilattica idonea ad evitare l’insorgenza e la diffusione del processo infettivo (…)” Tribunale di Milano, sent. del 12/01/2011.
Per quanto la distribuzione dell’onere probatorio di cui si è detto sopra, un orientamento piuttosto risalente ed ormai superato riteneva che “(…) per il paziente è sufficiente la prova dell’esistenza di un contratto, presupposto che nella responsabilità medica assume connotazioni particolari: la scelta del medico di intervenire lo pongono nella stessa posizione di chi ha concluso un ordinario contratto di prestazione d’opera professionale in virtù di contatto sociale stabilito col paziente, anche nel caso in cui il sanitario abbia dolosamente taciuto la carenza di titolo abilitante l’esercizio della professione di dentista. Superata la prova da parte del paziente circa l’esistenza di detto contratto, ne consegue l’onere del medico di provare l’assenza di colpa, ossia di avere agito con l’adeguata diligenza e di avere eseguito la prestazione richiesta a regola d’arte (…)” Tribunale di Roma, Sez. XII, sent. del 05/08/2004.
Infine, per quanto riguarda l’esistenza di una “obbligazione di risultato”, la giurisprudenza ritiene che “(…) in tema di responsabilità del dentista, l’obbligazione assunta dal dentista va inquadrata quale obbligazione di risultato, poiché a differenza degli altri medici, al dentista non si chiede di prestare le cure sanitarie nel modo migliore, ma di conseguire un determinato risultato. Qualora il risultato non sia stato raggiunto, ne segue l’applicabilità del principio di diritto di cui all’art. 1460 c.c. relativo alla eccezione d’inadempimento (…)” Corte d’appello di Genova, sez. I, sent. 18/07/2005.
3. Conclusioni.
Il medico dentista è a tutti gli effetti un prestatore d’opera intellettuale professionale ed è gravato nei confronti del paziente di un’obbligazione di risultato, e non già solo di mezzi.
Non è sufficiente per il dentista eseguire la prestazione richiesta con la dovuta diligenza, ma occorre conseguire il risultato desiderato.
Il contratto che lega il dentista al paziente è un contratto tipico di prestazione d’opera intellettuale derivante da “contatto sociale”.
Il medico dentista risponde di qualsiasi danno cagionato al paziente, danno patrimoniale e/o non patrimoniale, secondo le regole dettate per l’inadempimento contrattuale: il medico dentista che non esegue a regola d’arte la prestazione risponde dell’inadempimento parziale o totale, a meno che non sia in grado di provare che l’inadempimento è dipeso da un evento del tutto imprevisto o imprevedibile, ovvero da causa a lui non imputabile.
Il paziente convenuto a giudizio dal medico dentista per il pagamento del compenso professionale può, in caso di inadempimento parziale o totale, opporre al dentista l’eccezione d’inadempimento; ai fini del risarcimento del danno il paziente dovrà allegare il contratto (il consenso informato) e la prova dell’aggravamento della patologia ovvero documentare l’insorgenza di una nuova patologia in dipendenza dell’intervento eseguito, mentre spetterà al dentista di provare che la causa dell’aggravamento della patologia o l’insorgenza di una nuova dipende da un fatto imprevisto ed imprevedibile, ovvero da una causa a lui non imputabile.
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(a cura di Avv. Luca Conti)